Autore: pfforlenza

  • Alma Musica, musica come nutrimento

    Alma Musica, musica come nutrimento

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    Alma Musica, musica come nutrimento

    Alma musica: il nutrimento dello spirito

    Mi sono sempre chiesto come si possa davvero definire la musica. Già da ragazzo, leggendo i manuali di teoria, mi imbattevo spesso in quella definizione tanto semplice quanto, a mio avviso, vuota: “La musica è l’arte dei suoni.”

    Ma cosa significa davvero? È una formula che non dice nulla. Seguendo la stessa logica, la pittura sarebbe forse “l’arte dei colori”? Una definizione altrettanto inutile. E poi, cosa vuol dire arte? Se per definire la musica bisogna prima chiarire cosa sia l’arte, allora la definizione diventa un labirinto di parole prive di concretezza.

    Una melodia semplice, ma così vera

    Immaginiamo questa scena: un bambino che canticchia tre semplici note, quelle universali che sempre si usano nel classico “Non mi hai fatto nien-te”—sol, sol, mi, la, sol, mi (tre note, con il sol ripetuto tre volte: la magia e perfezione del numero tre). 

    Quel bambino, in quel momento, sta sicuramente facendo musica. Ma con quel gesto spontaneo e innocente sta facendo arte? No, evidentemente. E allora, possiamo ancora dire che la musica sia solo l’arte dei suoni?

    Alma: la parola che nutre

    È qui che una parola latina mi è venuta in soccorso: “alma”, dal verbo alere, che significa nutrire, far crescere. Come in “alma mater”, la madre che nutre e accoglie.

    Ed è proprio così che vedo la musica: un nutrimento per lo spirito.
    La musica ristora, dona energia, può incitare alla battaglia con gli squilli di tromba o, al contrario, ricomporre i conflitti, esteriori e interiori. Può accompagnare il lavoro, favorire lo studio, il gioco, stimolare la concentrazione o guidare nella meditazione e nel riposo.

    Alma musica: l’essenza vera della musica

    Per tutto questo, credo che chiamarla semplicemente “arte dei suoni” non renda giustizia alla sua vera natura. La musica è molto di più: è nutrimento, energia, respiro, relazione.

    Pier Francesco Forlenza:
    pianismo senza confini, tra tradizione e innovazione

  • Memoria, percezione e forma della musica

    Memoria, percezione e forma della musica

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    Memoria, percezione e forma della musica

    La musica è molto più che una sequenza di note, è un viaggio nel tempo. Ogni brano musicale si sviluppa momento dopo momento, e il nostro cervello lo percepisce in modo progressivo. Ma che cosa determina il nostro coinvolgimento quando ascoltiamo un pezzo per la prima volta? La risposta è nella nostra capacità di percepire la forma di un brano, legata alla memoria musicale.

    Musica e memoria: un puzzle sonoro

    Immagina un puzzle: non possiamo vederlo completo fino a quando tutte le tessere sono al loro posto. La musica funziona allo stesso modo. Poiché si svolge nel tempo, non possiamo afferrarla tutta insieme come un quadro o una scultura. La forma musicale prende vita mentre ascoltiamo, tessera dopo tessera, fino a rivelare il suo disegno completo.

    Uno degli elementi chiave per comprendere una composizione è la ripetizione. Quando un tema musicale ritorna dopo un periodo di assenza, il nostro cervello lo riconosce e lo collega a ciò che abbiamo già ascoltato. Senza questo meccanismo, la musica risulterebbe un flusso continuo e senza punti di riferimento, rendendo l’ascolto più difficile e meno coinvolgente.

    L’importanza della ripetizione nella musica

    Un brano musicale senza ripetizioni potrebbe creare disorientamento, così come una ripetizione ossessiva potrebbe annoiare l’ascoltatore. Il segreto della bellezza musicale sta nel giusto equilibrio tra novità e familiarità.

    Quando ascoltiamo un brano per la prima volta, proviamo piacere nel riconoscere un motivo che si ripresenta. Questa sensazione ci permette di partecipare attivamente all’ascolto, creando un legame tra compositore e ascoltatore.

    Prevedibilità e sorpresa: la magia della musica

    Ogni compositore gioca con attese e ritorni, con variazioni e ripetizioni, creando un equilibrio tra sorpresa e prevedibilità. Se la sorpresa è un elemento essenziale nella musica, anche la prevedibilità ha un ruolo fondamentale.

    Quando ascoltiamo una progressione musicale (ovvero un motivo che si ripete a diverse altezze della scala), proviamo un senso di soddisfazione. Per un attimo, ci sentiamo parte del processo creativo, quasi come se stessimo componendo il brano insieme all’autore. Questo fenomeno spiega perché a volte iniziamo a canticchiare una melodia senza conoscerla completamente.

    Ascolto Attivo: L’Ascoltatore come Co-Creatore

    L’ascolto musicale è dunque tutt’altro che un atto passivo. Grazie alla memoria e alla percezione, creiamo connessioni con le melodie, anticipiamo il loro sviluppo e partecipiamo attivamente all’esperienza musicale.

    La prossima volta che ascolti un brano, prova a notare come il tuo cervello riconosce motivi e ripetizioni: potresti sorprenderti di quanto la tua mente sia parte integrante della musica stessa!

    Pier Francesco Forlenza:
    pianismo senza confini, tra tradizione e innovazione

  • Le 5 colonne sonore più poetiche ed evocative nel cinema

    Le 5 colonne sonore più poetiche ed evocative nel cinema


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    Le colonne sonore hanno sempre avuto un ruolo speciale per me, non solo come ascoltatore, ma anche come compositore. Ho avuto il privilegio di scrivere musiche per documentari e cortometraggi, un’esperienza che mi ha fatto comprendere ancora più a fondo il potere evocativo della musica nel racconto per immagini. Collaborare con registi e sceneggiatori è un viaggio affascinante: trasformare idee, emozioni e visioni in suoni capaci di amplificare la narrazione è una sfida tanto complessa quanto entusiasmante.

    Per questo motivo, ho voluto dedicare un articolo alle colonne sonore che più mi hanno colpito, quelle che considero esempi straordinari di come la musica possa dare vita a un film, arricchendolo di sfumature e significati nuovi.

    Quando si parla di colonne sonore, c’è sempre un qualcosa di estremamente personale e soggettivo. Certamente la musica del cinema ha il potere di evocare emozioni profonde, e ogni spettatore avrà le sue preferenze. Questa è la mia selezione, ovviamente incompleta e dettata da ricordi, sensazioni e scelte artistiche che mi hanno colpito particolarmente. Ma queste 5 colonne sonore sono, a mio parere, fra le più poetiche ed evocative nella storia del cinema.

    1. C’era una volta in America – Ennio Morricone
      La colonna sonora di C’era una volta in America è un vero e proprio affresco sonoro, capace di amplificare la narrazione visiva e darle una profondità emotiva unica. La musica di Morricone trasforma il film di Sergio Leone in un’epopea greca, evocando il tempo che scivola via e i legami indissolubili, ma anche il tradimento e la solitudine. Ogni tema sembra fare da ponte tra la memoria e il presente, immergendo lo spettatore in un mare di nostalgia e di passione che trasuda da ogni nota.
    1. Il Postino – Luis Bacalov
      Una musica struggente e delicata, che sembra salutarci affettuosamente, come se fosse un addio dolce e malinconico. Bacalov, per Il Postino di Michael Radford, ha scritto una delle colonne sonore più toccanti e intime del cinema. La sua melodia evoca il mondo dell’isola e della poesia, incorniciando la storia d’amore tra il postino e la donna amata, ma anche la riflessione sulla bellezza della vita e sulla sua fugacità. La tristezza che permea le sue note si tinge di un senso di abbandono e speranza, che tocca il cuore ogni volta che la ascoltiamo.
    1. Les Parapluies de Cherbourg – Michel Legrand
      Le musiche per Les Parapluies de Cherbourg, film di Jacques Demy, sono tra le più raffinate mai scritte per un film. Michel Legrand riesce a intrecciare l’eleganza della musica francese con la dolcezza di un amore che sembra destinato a non essere. Ogni nota è un’onda che avvolge, rassicura, ma anche un po’ ferisce, accompagnando la vicenda di un amore giovanile che sfida il destino. Le orchestrazioni morbide e le melodie senza tempo danno un sapore di nostalgia e di eterna bellezza a una delle storie più poetiche del cinema.
    1. Eyes Wide Shut – Autori vari
      In Eyes Wide Shut, Kubrick sceglie una colonna sonora che è fatta di brani non originali, ma che lo stesso sono diventati, per i più, indissolubilmente legati alle immagini del film. La scelta di Ligeti e Shostakovich è perfetta: la “Musica Ricercata” con il suo lento e minaccioso incedere, che crea un’atmosfera misteriosa e inquietante, ci guida in un mondo notturno fatto di ossessioni e sospetti. Il valzer dalla Jazz Suite di Shostakovich, quasi a contrasto, richiama la normalità quotidiana di una coppia, ma anche la fragile apparenza di una vita borghese che nasconde il tormento interiore. Ogni brano diventa simbolo di una diversa dimensione, di una diversa faccia della stessa realtà.
    1. Pensavo fosse amore… invece era un calesse – Pino Daniele
      La malinconica e appassionata “Quando” di Pino Daniele, scritta per il film Pensavo fosse amore… invece era un calesse, è un pezzo che colpisce nel profondo. La canzone racconta l’amore in tutte le sue sfumature: la passione, la delusione, la tristezza. La musica diventa quasi la voce interiore del protagonista, un’amara consapevolezza di come l’amore possa prendere direzioni inaspettate, dolorose, ma anche liberatorie. La semplicità e l’intensità del brano esprimono un sentimento di abbandono, ma anche un riscatto, mentre il film di Troisi tocca corde universali e personali.

    Ognuna di queste colonne sonore è una riflessione sulla condizione umana, sui suoi sogni, dolori e speranze. La musica, come il cinema, è capace di attraversare il tempo e lo spazio, di rendere universali storie e sentimenti, e di farci sentire, anche solo per un momento, più vicini alla nostra anima.











    Pier Francesco Forlenza:
    pianismo senza confini, tra tradizione e innovazione

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